mercoledì 10 agosto 2016

Diario di Sara 
Martedì 9 agosto, giorno 26.
 Lar significa famiglia, focolare. È questo il posto in cui siamo ospitati ormai da qualche giorno nella missione di Pemba. È più di un convitto per ragazze, perché si cerca di creare lo stesso ambiente famigliare e caldo di cui ciascuno di noi ha bisogno. Vi arriviamo sabato verso sera, siamo stanchissimi, siamo in viaggio per il mato dalle 6 del mattino... Non ho voglia di sentire e parlare con nessuno! Finalmente dopo settimane faccio una doccia calda, che ho scoperto non essere per niente scontata! Poi Stefano e suor Ofelia mi chiamano, hanno una sorpresa. Esco e trovo tutte le ragazze che mi cantano "tanti auguri!". Perfette sconosciute che cantano con calore e con occhi brillanti. Poi ci danno il benvenuto, sempre cantando. Quasi mi commuovo. Ci presentiamo, hanno quasi tutte la mia età.Al termine ciascuna di esse mi viene vicino e mi saluta... Ciascuna mi abbraccia. Ed dentro ognuno di quegli istanti percepisco che già si è creato un legame profondo. Ciascuna di loro ha una storia difficile: povertà, violenze sessuali; una bimba di 5 anni è stata portata qui dal nonno ormai vecchio, sua mamma è cieca, il papà scomparso non si sa dove. Rimarrà con le suore praticamente sempre, finché non terminerà gli studi e troverà un lavoro. Sorridono tutte, con un sorriso spontaneo, e mi chiedo dove trovino la forza di fare tutto questo... Che bellezza! Qui è stata data loro la possibilità di riscattarsi e costruirsi un futuro. La cosa che più mi colpisce è che godono degli stessi e identici servizi di cui godono le suore, cosa non sempre possibile data la scarsità di fondi. Qui, invece, vengono trattate alla pari e questo influisce moltissimo sulla loro autostima. Si svegliano alle 5, si preparano la colazione e alle 6.30 partono col pulmino dirette verso scuola. Sembra una vita normale e, in effetti, rispetto a ciò che c'è fuori, è così. Ma oggi, durante un'attività, scopro che non sanno scattate una fotografia, non l'hanno mai fatto. Una di loro frequenta la quarta primaria, non riesce a scrivere il proprio nome: nella sua classe sono circa 70 gli studenti, senza banchi ne sedie. L'abbiamo visitata ieri la scuola, è disastrosa; questa è la finta democrazia mozambicana. Oggi abbiamo lavorato un po' al computer, a piccoli passi ciascuna scrive la propria presentazione su word, alcune non hanno mai tenuto in mano un mouse. Sono tutte entusiaste: appena una impara, si impegna per aiutare la compagna successiva. Ad un certo punto io non servo neanche più! Poi mi insegnano a mettere la capulana, mi agghindano con questo tessuto sgargianti e chiedono a Stefano di fare le foto... Certo che siamo uguali in tutto il mondo! Al termine del pomeriggio sono soddisfatte e contente, domani cominceremo a spiegare come si utilizza il Power Point e nei prossimi giorni realizzeremo delle presentazioni, in particolare sulla loro giornata tipica, che poi mostreremo in Italia. Che dire... Work in progress!

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