lunedì 15 agosto 2016

Lettera di Suor Dalmazia
Carissimi amici di SOLE, Quasi non credevo a me stessa, nel vedere arrivare  in missione Stefano e Sara, con latte, zucchero, farina, medicine, sale e sapone, tutti beni  preziosi piú che mai in  questo periodo in cui cominciano a sparire dal commercio dei beni di prima necessità.Questo vi aiuti a comprendere con quanta gioia abbiamo ricevuto la vostra  Provvidenza, acquistata, tra l'altro, con sacrificio enorme dai “compratori” che hanno dovuto passare da un centro commerciale all’altro,  fino al punto di comperare al minuto, pezzo dopo pezzo il sapone e non so cos’altro. Centro Nutrizionale di MuliquelaStefano mi ha chiesto di narrare  qualche “storia” di bambini usciti dalla malnutrizione grazie al nostro intervento.Come forse saprete qui a Muliquella-Ile, noi Missionarie della Consolata, ci troviamo  da poco piú di un anno. Prima di noi, per decenni, era stata  abbandonata per gli eventi socio -politici-militari degli anno 1975/1992 e per la difficoltà di trovare missionari/e disposti a ridare vita a quella che era un fiorente complesso missionario che offriva con il Vangelo, scuola, sanità, lavoro. Il nostro arrivo era stato preparato da  mons. Francesco Lerma, missionario della Consolata,  vescovo della diocesi di Gurué, da cui dipendiamo, dal 1911, restaurando l’ospedale, la maternità (gestiti dal governo)  e la nostra casa.Quando si sparse la voce del nostro arrivo, un’ondata di speranza invase la popolazione, sparsa in villaggi lontani, alcuni appollaiati su monti, irraggiungibili con i mezzi motorizzati.Dopo qualche tempo, ecco apparire mamme con bambini denutriti.In particolare ricordo una mamma, con due gemelli, uno dei quali in fin di vita. Quella mamma, era riuscita a far sopravvivere i suoi tesori, fino all’anno circa di vita, ma ora – c’era anche carestia nella zona a causa di una alluvione che aveva distrutto le colture -  uno era  in fin di vita e l’altro, un po’ piú forte, senza un intervento in latte, medicine, ed anche  sostegno  alla madre, l’avrebbe seguito. Riuscimmo a salvarlo, e ad iniziare un centro per la lotta contro la malnutrizione dei bambini.Stendemmo un piano, coinvolgendo il servizio sanitario governativo per la valutazione  dei casi, e il controllo del peso e dello stato di salute dei piccoli pazienti. Questo anche per evitare complicazioni burocratiche.Ricordo che l’infermiera ci chiese quanti bambini potevamo aiutare. Rispondemmo  "quanti avranno bisogno e che ci sarebbero stati segnalati con un documento". La giovane donna ci guardò stupita. Come sarebbe stato possibile? A dire il vero, anch’io rimasi perplessa di fronte alla risposta di suor Janete che ne avrebbe assunto la responsabilità. Un po’ come gli apostoli mi venne da dire: “E dove troveremo i fondi?" Il latte é carissimo, occorre comperarlo a Nampula che si trova a quasi 500 chilometri da qui… Ma non dissi niente.Il giorno dopo ecco i primi  clienti: due  gemelli al limite della malnutrizione grave, una nonna  dal volto solcato dal dolore per la morte della figlia che le aveva lasciato in “ eredità ” un bambino che portava i segni della trascuratezza sofferta  per la  malattia della mamma, ed uno di quei bambini che in quindici giorni da  pieni di salute diventano uno straccio a causa della malaria, che provoca febbre altissima,  vomito e diarrea, capace di stroncare persone adulte.Intanto si sparse la voce che, se il servizio pubblico spesso non aveva neanche l’antimalarico, le suore  si facevano carico dei bambini, dando persino latte o “multimistura” per la pappa. Così quasi ogni giorno, l’infermiere ci manda i famosi bigliettini, ed incomincia l’iter della cura.Metodologia. L’inizio del percorso di riabilitazione alimentare  comincia subito, senza molte domande, ma in base allo stato clinico. Alla mamma, o nonna, o zia , o sorella maggiore, che in genere accompagna il bimbo, si dà l’alimento appropriato, si insegna come usarlo e si prende l’appuntamento per la prossima erogazione. Intanto in maniera informale cerchiamo di conoscere la situazione familiare  consigliando di tornare con il papá del bimbo o del “tutore” tradizionale, in genere lo zio materno.Perché questo? Perché abbiamo deciso che non é giusto che sia solo la donna a portare il carico. Lei sempre lei. E i papá, i nonni, gli zii dove sono? Sapendo che la famiglia Africana non lascia mai una persona senza una figura materna e paterna, ne esigiamo la presenza. Se al terzo appuntamento “non appare”, sospendiamo la “quota”, finché non arriva colui  che ha la patria potestà …. Che spunta sempre al massimo il giorno seguente. Risultati. La sinergia fra i vari partner  responsabili della salute materno-infantile sta portando a buoni risultati, grazie naturalmente al SOSTEGNO per l’acquisto della “materia prima”, sempre piú cara per  famiglie contadine come le nostre, che faticano ad avere di che mettere sotto i denti nei 365 giorni dell’anno, e per famiglie che, improvvisamente, possono moltiplicare le bocche, non per il mancato controllo delle nascite, ma per “l’aggiunta” di orfani dell'aggregato della grande famiglia. Ricordo Sidalia. Una giovane mamma felice, con tre bambini, e uno al seno di sei mesi. Per la  morte della sorella le venne affidato un altro bimbo al seno. Arrivò da noi piangendo: non sapeva piú come fare a “controllare” i due affamati che si contendevano il seno!  Senza l’apporto di un biberon che calmasse i morsi della fame sarebbe stata la “distruzione”. Invece la situazione  fu messa sotto controllo. Assumemmo anche la giovane per lavori saltuari che le permettesse di acquistare  alimenti arricchenti la sua e la dieta della “tribú” e ci fu pace. La prevenzione ha dato i suoi frutti: basta guardare uno dei due birichini che si alternano ad accompagnare la “mamma-zia” quando viene da noi per aiutarci guadagnandosi qualche soldino.

1 commento:

  1. Grandissime persone che lottano per dare speranza e dignità, nel solco della giustizia. Io che non sono credente vi adoro e vi stimo per tutto quello che fate, e sono fiero di fare parte di SOLE Onlus che ha persone che pensano a voi ed alle vostre necessità e bisogni. Con tanta considerazione per le vostre lotte ed i vostri sforzi vi abbraccio forte. Gianfranco


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